La FINALE più violenta della storia del calcio ||| Milan - Estudiantes

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Estudiantes – Milan , Coppa Intercontinentale 1969
•Il massacro della Bombonera•

“Sono nel calcio da quarantasei anni, ho assistito a mille battaglie, ma uno spettacolo del genere, tanto disgustoso, non l’avevo mai visto e sicuramente non lo vedrò mai più”. E’ il 23 ottobre 1969. A pronunciare queste lapidarie parole e’ Nereo Rocco, mitico allenatore del Milan anni ’60. Il mister triestino e’ appena sceso dall’aereo che ha riportato i suoi da Buenos Aires. La sera precedente i rossoneri avevano vinto la loro prima Coppa Intercontinentale. Ma l’espressione di Rocco non e’ quella di una persona felice. A rileggere le sue parole, l’aggettivo che piu’ sembra vicino al suo stato d’animo e’ sollevato. Cosa puo’ essere successo se un uomo che ha dedicato la vita al calcio, mai sopra le righe, spesso ironico e per nulla polemico, si esprime in questa maniera? Per capire il perche’ occorre tornare indietro nel tempo di cinque mesi. A maggio, a distanza di pochi giorni e di migliaia di chilometri, Milan ed Estudiantes di La Plata si laureano campioni continentali. A Madrid, Rivera e compagni annullano per 4-1 l’Ajax, che da li’ a pochi anni insegnera’ calcio in ogni stadio d’Europa. I biancorossi di Zubeldia, invece, battono, nella doppia sfida e con un 3-0 complessivo gli uruguaiani del Nacional Montevideo, conquistando la loro seconda Copa Libertadores consecutiva. Saranno queste due squadre, dunque, a battersi, nell’autunno dello stesso anno, per il trofeo di miglior team del mondo: la Coppa Intercontinentale. Per le regole dell’epoca, si disputera’ in due partite di andata e ritorno. La prima a Milano, il secondo match in Argentina. Non sappiamo come Rocco abbia preparato la doppia sfida, ma di sicuro aveva dimenticato di fare una cosa molto importante: alzare il telefono e chiamare Matt Busby(basbi), allenatore-icona del Manchester United. Gia’, perche’ il tecnico e i suoi sono andati a giocarsi, dodici mesi prima e contro lo stesso avversario, la Coppa in Argentina. E sono tornati, nel vero senso della parola, con le ossa rotte. La partita di andata, disputatasi a Buenos Aires, finisce 1-0 per i padroni di casa, ma piu’ che il risultato sono le ferite alla testa riportate da Bobby Charlton e i tacchetti con cui Carlos Bilardo ha omaggiato le caviglie degli inglesi, a far preoccupare quelli del ManU. Il tutto, in un’atmosfera che descrivere “calda” e’ un eufemismo. Ecco, probabilmente “Il Paron” con Busby non ci ha parlato, altrimenti avrebbe mosso piu’ di una preoccupazione nel dove giocarsi la coppa in quelle condizioni. In Europa il calcio e’ una cosa, in Sudamerica un’altra. Qualche assaggio di cosa vuol dire sfidarsi per un incontro del genere il Milan lo aveva gia’ avuto quando, nel 1963, perse, tra mille polemiche e dopo tre gare, l’Intercontinentale contro il Santos di Pele’. Ma questa volta non hanno contro uno dei miglior giocatori della storia, sono nettamente piu’ forti e sono un team gia’ collaudato da anni che e’ arrivato al suo apice. Difesa a quattro, a protezione di Cudicini, il moto instancabile di Fogli e Lodetti a centrocampo e il Pallone d’Oro Gianni Rivera ad innescare i tre davanti, ossia Prati, Sormani e Combin. Dall’altra parte, Zubeldia conferma praticamente il blocco dell’anno prima, quello del “double” Libertadores – Intercontinentale. Un gruppo compatto con poche individualita’. Tra queste, Veron, padre di Juan Sebastian, che sara’ giocatore della Lazio, il futuro ct della Seleccion Bilardo in cabina di regia, Conigliaro e Flores coppia d’attacco. Sulla carta non c’e’ partita e infatti cosi’ sara’. La sera dell’8 di Ottobre, a San Siro, davanti a 60mila spettatori, i tre attaccanti rossoneri danno spettacolo e il Milan ipoteca il trofeo. 3-0 e la netta sensazione che il divario sia enorme e impossibile da colmare. Rocco, che per tutta la carriera verra’ tacciato di essere un difensivista, manda in campo una formazione che, dalla metacampo in su, presenta almeno quattro uomini da 10-15 gol ciascuno, piu’ due centrocampisti sia di corsa che di sostanza. E, come tocco finale, un terzino come Schnellinger dalla conclamata spinta offensiva. Dal momento del triplice fischio finale dell’arbitro francese Machin, non si potra’ piu’ parlare di calcio.


•Testo di Giovanni Guido •

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